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ACRILICO SU TELA ENIO DI STEFANO ' BUCCE - BANANE ' dimensioni L 35 x H 25 cm.

Acrilico su tela - Titolo " Bucce - Banane " by Enio Di Stefano . Anno 2011 - Dimensioni L 35 x H 25 cm. Opera Unica - Certificato di autenticità.

Acrilico su tela - Titolo " Bucce - Banane " by Enio Di Stefano .

Anno 2011 - Dimensioni L 35 x H 25 cm.

Opera Unica - Certificato di autenticità.


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#Enio Di Stefano #Pittura #Natura morta #40x30 #Acrilico su tela

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Descrizione: ACRILICO SU TELA ENIO DI STEFANO ' BUCCE - BANANE ' dimensioni L 35 x H 25 cm.


Acrilico su tela - Titolo " Bucce - Banane " by Enio Di Stefano .

Anno 2011 - Dimensioni L 35 x H 25 cm.

Opera Unica - Certificato di autenticità.

La pittura acrilica è una tecnica pittorica nata in epoca relativamente recente.

Le vernici sono prodotte con polveri colorate (pigmenti) mischiate con una resina acrilica di essiccazione variabile, generalmente veloce.

Caratteristiche della pittura acrilica è la rapidissima asciugatura, facile stesura e la traslucidità una volta asciutta. 

La pittura è l'arte che consiste nell'applicare dei pigmenti a un supporto per lo più bidimensionale, come la carta, la tela, la ceramica, il legno, il vetro, una lastra metallica o una parete. Il risultato è un'immagine che, a seconda delle intenzioni dell'autore, esprime la sua percezione del mondo o una libera associazione di forme o un qualsiasi altro significato, a seconda della sua creatività, del suo gusto estetico e di quello della società di cui fa parte. Chi dipinge è detto pittore o pittrice, mentre il prodotto finale è detto dipinto.

La natura morta è una raffigurazione pittorica di oggetti inanimati. Oltre ai tradizionali frutta e fiori, le nature morte ritraggono anche oggetti di vario tipo, come strumenti musicali, bottiglie o animali.

Enio Di Stefano

Enio Di Stefano nasce a Rocca di Cambio, in provincia dell’Aquila. Giovanissimo comincia a dipingere e negli anni seguenti mantiene la sua passione per l’arte sperimentando tecniche e tematiche sempre diverse, in un percorso di ricerca continua.

Ha esposto in numerose collettive in Italia e all’estero, tra quali ricordiamo nel 2001 Arts Culture Harrol a Londra, nel 2003 Contemporary Art Exhibition presso Palazzo Barberini a Roma, nel 2014 Art Shopping Paris – Art Fair International, a Parigi. Tra le diverse mostre personali spiccano Equator Books, che si è tenuta nel 2008 a Los Angeles, a Venezia e a Milano, e nel 2018 Covered market gallery art “ Ipazia in mostra ” a Falconara Marittima, Ancona.

Attualmente dipinge ad acquarello, a olio e ad acrilico, scegliendo di volta in volta il medium che più corrisponde al suo stato d’animo e al tipo di raffigurazione, che spesso nasce dal racconto dello stretto rapporto tra uomo e natura.

La capacità poliedriche di Enio Di Stefano si esprimono nel creare serie diverse, che spaziano dal figurativo all’astratto.

Nel 1982 si è dedicato a dipinti legati a temi ecologisti, tra cui spicca “ La bambola ”, che mette in evidenza la contraddizione presente in questo soggetto e nell’immensa quantità di oggetti in plastica creati per bambini, per poco tempo amati e poi abbandonati e destinati a divenire simboli di un crescente e tragico inquinamento.

Nella serie “ Olivo” l’artista guarda all’ambiente con una valenza diversa e vi raccoglie l’essenza dell’uomo e della donna e la loro fusione nella natura, racchiusi in un albero unico, simbolo di pace e di vita, in un paesaggio ideale.

Il legame con il surrealismo plasma altre sue opere, dove colloca in spazi astratti bucce di frutti, che creano allo spettatore una sensazione di mancanza e il desiderio di percepirne il sapore. L’assenza è più intensa della presenza.

Nella serie Casuality la natura è rappresentata da ciottoli bianchi, che sembrano esprimere l’essenza delle forme naturali e al tempo stesso la loro forza resiliente, queste contrastano con semplici forme geometriche, messe in rilievo principalmente con colori primari, a rappresentare i primi embrioni dell’esistenza e l’origine della vita, lenta e casuale. In alcune di queste opere è presente anche la sabbia, o meglio, la battigia, che rievoca immagini surrealiste e che qui narra la presenza dell’acqua, senza necessariamente rappresentarla, grazie alla quale è nata la vita primordiale.

Nei dipinti dedicati agli stati d’animo, il focus è sulla figura umana, e ne è emblema Compression che rappresenta la solitudine dell’uomo di oggi, costretto in poco spazio, quasi chiuso in una scatola dalla pressioni di una vita organizzata e frenetica che arriva ad annullarne l’identità.

Infine, il contrasto delle composizioni astratte della serie Leggerezza, dove l’artista apre una finestra sull’inconscio, concedendosi momenti catartici di libertà creativa.

Un filo rosso che intreccia immagini surreali e elementi più espressionisti, insieme alla capacità di sperimentare inedite strade creative, permettendo a Enio Di Stefano di raccontare in modo sempre nuovo aspetti differenti dell’animo umano e della natura: gli enigmi, la leggerezza, la solitudine, la forza e l’energia della vita, uniti al messaggio della necessità di un equilibrio con il mondo naturale e la consapevolezza della piccolezza dell’uomo all’universo. 

VEDI LE OPERE DI ENIO DI STEFANO


MOSTRE PERSONALI

1978    Palazzo Comunale di Rocca di Mezzo (l’Aquila)

1982    Palazzo del Rettorato dell’Università degli Studi di Ancona

1982    Palazzo Comunale d’Orte (Viterbo)

1982    Circolo Culturale Comune di Sirolo (Ancona)

1983    Galleria Fanum Fortunae – Fano (Pesaro)

1989    Palazzo Comunale di di Numana (Ancona)

1989    1° Circoscrizione del Comune di Ancona

1997    Galleria Modigliani – Milano

1998    Galleria Studio d’arte Due – Venezia

1998    Galleria Studio d’Arte Due – Tezze sul Brenta (Vicenza)

1998    Atelier dell’Arco Amoroso – Ancona

2005    Chiesa di S. Lucia – Sala Giuseppe Bartolucci – Poggio di Ancona

2006    Atelier dell’Arco Amoroso – Ancona

2008    Equator Books – Venice – Los Angeles

2009    Università Politecnica delle Marche – Facoltà di Medicina e Chirurgia (Ancona)

2010    Sala Mostra del Rettorato dell’Università degli Studi di Ancona

2012    Palazzo Bettini – Jesi (Ancona)

2018    Sala del Mercato coperto (nell’Ambito di Ipazia in Mostra) – Falconara Marittima (Ancona)


MOSTRE COLLETTIVE

1994    XI Edizione Bonda Arte - Ancona

1995    XlV Rassegna d’Arte G.B. Salvi – Sassoferrato (Ancona)

1995    IV Biennale, Momento d’Arte tra Marche ed Umbria – Fabriano (Ancona)

1995    Spoleto d’Inverno, Rassegna d’arte Contemporanea – Spoleto

1996    Biennale d’Arte città di S. Elpidio a Mare

1996    Rassegna d’Arte Contemporanea “Incontri di Primavera” – Reggio Emilia

1996    1° Mostra- Mercato d’Arte Città di Vittoria (Ragura)

1996    Rassegna d’Arte Contemporanea – Spoleto

1997    1° Mostra d’arte – Collettiva Antoologia – Milano

1997    III Rassegna d’Arte Contemporanea – Spoleto

1997    Vita d’Arte ad Osimo  - Osimo (Ancona)

1998    IV Rassegna d’Arte Contemporanea – Spoleto

1999    IntinerArte – Galatina (Lecce)

2000    Mostra Mercato d’Arte Contemporanea ETRURIARTE –Venturina (Livorno)

2001    Arts Culture Harrol – Londra

2003    Rassegna d’arte Contemporanea – Palazzo Barberini – Roma

2004    Mostra Mercato d’Arte Contemporanea Mediapolis – Stresa (Verbania)


ELENCO DELLE RIVISTRE D’ARTE

ART LEADER gennaio 1998

ART LEADER maggio 1998

ART LEADER giugno 1999

ART LEADER dicembre 1999

EXPOART aprile 2014

EXPOART luglio 2015

SENZA TITOLO ottobre 2020

Catalogo Premio Vittorio Sgarbi 2021


Enio Di Stefano, l’indagine metafisica sulla natura e le debolezze umane.

Andare a scavare e approfondire tematiche esistenziali è stato un imperativo per diversi artisti della prima metà del secolo scorso che si erano trovati a dover superare disagi e destabilizzazioni provocate dal delicato periodo storico che attraversavano. Il medesimo tipo di sguardo volto a svelare le implicazioni più intime e complesse del vivere caratterizza il protagonista di oggi che riprende e attualizza quell’affascinante indagine all’interno dell’animo umano.

I primi decenni del Ventesimo secolo furono una fucina di movimenti e correnti artistiche che sembravano scaturire e dipanarsi gli uni dagli altri e prendere direzioni diverse pur partendo tutti dallo stesso presupposto, quello cioè di rompere gli schemi predeterminati che avevano dominato il mondo dell’arte precedente, per aprire la strada alla sperimentazione di inediti linguaggi espressivi, al distacco dalla realtà oggettiva e dalla figurazione classicamente intesa. In particolare il Surrealismo scelse di restare legato all’approccio figurativo pur introducendo nelle sue linee guida la necessità di esplorare il mondo onirico, dei sogni come degli incubi, del mistero che si può celare dietro oggetti di uso comune che, se decontestualizzati, assumono un significato e un’importanza completamente differenti da quelli ordinari. All’interno della stessa corrente si determinò quasi una scissione, perché l’estremismo e l’inquietudine più vicini agli incubi e ai nodi irrisolti dell’interiorità atterrita e spaventata di Salvador Dalì e di Max Ernst, forse più legati alle indagini sulla psiche di Sigmund Freud a cui il movimento si ispirò per determinare le linee guida, erano lontani dal punto di vista più possibilista, più esplorativo nei confronti dell’essere umano, dei dubbi, delle perplessità, delle destabilizzazioni generate dalla mancanza di certezze dell’epoca che invece caratterizzarono le affascinanti ed enigmatiche tele della Metafisica di Rene Magritte, di Yves Tanguy e del maestro italiano Giorgio De Chirico. Laddove nelle opere dei maestri surrealisti a dominare erano i demoni interiori, le paure, gli incubi più profondi, nelle tele dei metafisici invece a prevalere era l’indagine sull’incertezza del vivere, sui dubbi interiori, sulla paura di essere e di riconoscersi fin troppo piccoli in un mondo troppo grande, suggerendo all’osservatore che tutto ciò a cui poter aggrapparsi è la propria essenza. L’artista abruzzese Enio Di Stefano riprende le tematiche più metafisiche avvinandole e attualizzandole con un senso più contemporaneo, esplorando il complesso vivere attuale e le motivazioni, le tematiche che emergono da un’indagine più approfondita all’interno di tutto ciò che in superficie non si vede e che sono in fondo simili a quelle dell’uomo del secolo scorso, pur essendo diverso il meccanismo di causa ed effetto che trasforma e lascia emergere disagi e inquietudini. La sua Metafisica si insinua nel quotidiano e in qualche modo ne interpreta il bisogno, la necessità di trovare una via d’uscita, un modo per oltrepassare ciò che sembra inevitabile e tentare di tracciare una linea di confine tra ciò che è importante, e dunque deve essere trattenuto e conservato, e ciò che invece se perseguito può condurre solo verso un isolamento, una caduta dalla quale poi è difficile rialzarsi. La pienezza che si può trovare inseguendo un ideale, correndo dietro ai sogni, spesso è contrapposta al vuoto che invece resta quando si lascia prevalere l’involucro, l’apparenza, la superficie non rinforzata dalla sostanza necessaria a riempire e dare un senso a tutto. L’opera Mandarini sembra essere un’allegoria di un’esistenza trascorsa a curare un guscio esterno che però, una volta abbandonata la consistenza interna resta poggiato senza vita, inducendo l’osservatore a riflettere su quanto sia fuggevole tutto ciò che di materiale si insegue dimenticando di coltivare le cose che nutrono anche l’anima, l’interiorità, che è l’unica a poter sopravvivere davvero quando ci si spoglia di quel rivestimento esteriore. La medesima tematica ma in termini più espliciti viene riproposta da Di Stefano nella tela Manichino che può essere interpretata sotto un duplice aspetto: come monito a non perseguire solo e unicamente la forma, perché tutto ciò che può generarsi è un’inconsistenza esistenziale dentro cui tutto si andrà perdendo, oppure, in virtù del capitello antico che si trova alle spalle della figura, l’avvertimento è di non cancellare attraverso la cultura vanesia e superficiale del presente, tutto ciò che ha fondato e costituito un passato solido, importante, ricco che dovrebbe continuare a essere la radice a cui tenersi legati, prima che il ricordo svanisca e restino della società contemporanea solo deboli testimonianze erose e morse dai topi. Bivalenze, scelte, opzioni che si presentano frequentemente e da cui dipende l’una o l’altra realtà che l’uomo vive, sono alla base del pensiero filosofico di Enio Di Stefano, pensiero che si palesa ancor più evidentemente nell’opera Equilibrio in cui il protagonista cammina sul filo del suo destino e di quello dell’umanità, e ai suoi lati sono visibili le due realtà possibili a seconda che il suo percorso devierà verso un lato o verso l’altro. Emerge il tema ecologista in questa tela, la consapevolezza dell’artista che continuare a correre dietro un progresso che dimentica di rispettare la terra che ospita l’uomo, può essere dannoso e generare un futuro arido, secco, senza più fiumi e foreste verdeggianti fondamentali al sopravvivere stesso di tutte le specie animali, oltre che vegetali. Ecco dunque che in Uomini Di Stefano narra la natura umana come un girone dantesco, dove l’imperativo è la prevaricazione e l’istinto primordiale di arrivare per primi a vedere la luce nel centro, che sembra rappresentare la possibilità di salvezza verso cui prima o poi, chiunque tende, anche coloro i quali hanno scavalcato altri per raggiungere i propri obiettivi. Eppure emerge la speranza, la capacità di prendere in mano il proprio destino e modificarne gli scenari possibili attraverso un’inversione di marcia, un’attitudine introspettiva che conduce l’individuo a una profonda riflessione, a un inedito contatto con se stesso che lo induce a rallentare il ritmo, a cercare ciò che davvero conta e fare di tutto per trattenerlo, perché in fondo l’idealismo lascia fuoriuscire la parte più fragile ma anche quella in virtù della quale tutto è possibile; la tela Pensieri narra esattamente questo percorso, la determinazione, seppur tardiva, a mantenere un forte legame con la capacità di sognare, di non rinunciare a quella parte bambina necessaria a essere degli adulti migliori. Nel corso della sua lunga carriera artistica Enio Di Stefano ha esposto in numerose collettive in Italia e all’estero, tra le quali Arts Culture Harrol a Londra, Contemporary Art Exhibition presso Palazzo Barberini a Roma, Art Shopping Paris - Art Fair International, a Parigi mentre tra le più importanti mostre personali spicca Equator Books che ha avuto luogo nel 2008 a Los Angeles, a Venezia e a Milano.

Marta Lock                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          

 

UNA PASSEGGIATA AL MARE CON DI STEFANO 

Diverte il sospetto estemporaneo e improvviso, alla distratta osservazione della serie di sassi dipinti da Enio Di Stefano, di esserci imbattuti in una dolce e rassicurante ossessione. Ci sembra insomma che questo pittore si sia divertito a compilare le diverse parvenze e composizioni di un soggetto privilegiato, studiato e ricercato in combinazioni diverse di perimetri e profili, porosità, incidenze di luce. Un simpatico e nascostamente provocatorio esercizio di ripetizioni, tra il gusto farsesco di non voler dir niente e il rompicapo di lasciare una curiosità nell’osservatore, senza chiavi di interpretazione di nessun tipo. Ci chiediamo più o meno imbarazzati o con ironica spocchia: « Ma perché tutti questi sassi? Cosa vogliono dire? ». Il mistero è presto risolto: siamo al mare con Di Stefano, passeggiamo con lui e le nostre domande e inquietudini, gli interrogativi prioritari, le idee sulla vita e sul mondo, sembrano inseguirsi e disporsi lungo i frastagliati e casuali ammassi di sassi sulla sabbia, che, nel silenzio della luce, distraggono da interrogazioni comunque insolubili e già solo nella loro paziente costruttività parlano di uno spazio intuito, di una presenza muta ma laboriosa. Passa un po’ di tempo e, non ancora arresi alla bella inutilità di quei sassi, continuiamo a cercare banali soccorsi concettuali, orecchiati magari in qualche divulgativa lezione di storia dell’arte: « T’abbiamo smascherato Di Stefano! Non fai altro che riprendere il consiglio di Leonardo, di guardare le macchie dei muri e le pietre per tirar fuori delle immagini! ». E invece i sassi non si lasciano commutare in nessun modo. Rimangono, con aristocratica e impenetrabile semplicità scevra di compromissioni, sassi disposti a gruppi, sovrapposti tra le pieghe modellate dal vento e dalle mareggiate. Di Stefano si limita, con la bravura che sempre si combina all’umiltà, a riprodurli per noi in tecniche differenti. Ecco che con l’acrilico i sassi manifestano la forza riflettente e lucida delle loro superfici ferme nella luce solare; ecco che con l’acquarello schiudono gli spazi delle loro porosità. Per chi scrive, Enio Di Stefano è, a livello di storia strettamente personale, un amico da sempre. È dunque facile richiamarsi agli autori da lui prediletti, i filosofi antichi soprattutto, frequentati con la voracità esente da pesantezze critiche e restituiti all’immaginazione creativa. Abbiamo spesso chiacchierato insieme, con disordinata felicità, delle “emanazioni” dall’Uno di Plotino, di quelle zone d’ombra lontanissime che sottendono forse un desiderato ritorno a una luce riconciliata, già presente nel buio in schegge disperse. Osservando i suoi sassi non si può non notare quei filamenti geometrici colorati che (sotto la forma di poligoni, triangoli) serpeggiano tra le sagome, quasi a ricordare la speranza allusa di un reticolo progettuale e necessario sotto la caotica disposizione di masse sfrangiate e irregolari. Eppure già solo la materia che ricerca se stessa in avvicinamenti e costruzioni sembra essere portatrice di una consolazione percettiva: i sassi partecipano a un insperato genio che li guida ad abitare lo spazio. Di Stefano ha portato avanti un sommesso discorso pittorico, rivendicando l’assoluto diritto alla propria fantasticheria, e questo soggetto è solo uno dei tanti che ha voluto ostinatamente ascoltare, dedicandogli (come a ciascuno degli altri) un periodo lungo di creatività e lavoro. Coerente con la sua formazione scientifica, egli utilizza la pittura soltanto per cercare un’applicazione nuova alla considerazione delle forme, con la licenza insomma di un cannocchiale rovesciato. In questa passeggiata al mare disimpariamo l’abitudine velleitaria e formulistica dei pensieri malinconicamente dispersi e svuotati. Quei sassi, a guardarli meglio, appena appena sembra ci aiutino in qualche modo segreto… Ma certo, ci restituiscono il senso della  nostra solidità.

Simone Dubrovic

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